Il Forum dei Motoviaggiatori

IRLANDA E ISOLA DI MAN (e Inghilterra, Galles, Scozia): 2012

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view post Posted on 14/10/2012, 10:35
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Aggiornamento del 23.12.2012: il fotoalbum lo potete vedere qui: www.gold-wing.it/moto/2012-07-17-ir...lbum/index.html
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Si dice, sull’isola di Man, che dalla vetta del monte Snaefell si possano vedere 6 paesi: l’isola di Man, l’Irlanda, la Scozia, l’Inghilterra, il Galles e… il Paradiso.
Il Paradiso non l’ho visto, ma gli altri 5 paesi sì. Questo è il report del mio viaggio in questi 5 paesi.
INDICE DEL REPORT/TOPIC (con i link alle varie tappe).
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Gli ultimi tre anni ho compiuto viaggi piuttosto impegnativi, che mi hanno portato ben fuori dal nostro continente:
2009 Mongolia e via della Seta - 2010 Medio Oriente (Israele, Egitto…) - 2011 Giappone e Corea (attraverso la Russia).
Dopo aver attraversato l’Asia da parte a parte, volevo però concludere una “pratica” ancora aperta, rinviata di anno in anno per la voglia di allargare i miei orizzonti (negli ultimi due anni in Asia, nel prossimo, vedremo): visitare l’unico dei 47 Stati europei dove ancora non ero stato in moto: l’Irlanda.
Ecco quindi il viaggio realizzato in questo anno di transizione, tra il Giappone del 2011 e il Giro del Mondo del 2013.
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8.7.2012 – domenica - giorno 1
Lecce (5.57) – Langrickenbach (CH) (20.04)
km 1.377, viaggio h 14.07, guida h 11.58

Link percorso su Google Maps
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Imprevisti tecnici mi costringono a fare le due di notte prima di poter, finalmente, andare a dormire prima della partenza: il gps non accetta tutte le rotte preparate per l’Irlanda, quindi decido all’ultimo momento di portare con me il pc portatile (col quale poter caricare strada facendo sul gps le rotte mancanti) e non solo l’iPad (col quale si possono fare tante cose, ma non gestire le connessioni col gps). Ciò mi costringe ad aggiornare la mappe sul pc portatile, che era ancora con la vecchia versione della cartografia (aggiornata solo sul pc fisso, che avevo usato per preparare le rotte).
Dopo un sonno profondo, ma… breve, sveglia alle 5 e riesco a partire poco prima delle 6. Fa caldo, come ormai da oltre un mese; alle 8 si superano i 30° e nella giornata si arriverà a 40°.
Uso da poche settimane (e per la prima volta in un viaggio lungo) un nuovo completo da moto: giubbotto traforato e pantaloni leggeri con alcune aperture a rete che permettono un buon “ricambio d’aria”. Mi trovo bene e credo proprio di aver trovato, finalmente, un paio di pantaloni adatti a viaggiare in moto (finora nei viaggi ho usato sempre i jeans); trovo questi pantaloni ben più freschi dei jeans. Sarebbero perfetti se le protezioni alle ginocchia fossero estraibili dall’esterno; infatti tali protezioni, pur se molto comode e quindi sopportabili in modo, le trovo scomodo quando cammino e, poiché nei miei viaggi è previsto anche che (qualche volta) io scenda dalla moto per visitare dei posti) ho deciso di toglierle. Mantengo invece le protezioni del giubbotto (gomiti, spalle e un leggero paraschiena), molto comodo anche in moto.
Il viaggio scorre tranquillo; cielo sempre sereno, traffico normale. Dopo un migliaio di km supero Milano e prendo l’autostrada per la Svizzera; ho programmato infatti, per il primo (e l’ultimo) giorno, di fermarmi da un mio amico svizzero, Mathias, che ha da poco completato un giro del mondo in moto.
In una stazione di servizio dell’autostrada, prima del confine, mi aspetta un altro mio amico, Nico (da Biella); lo saluto con piacere, con la sua nuova Yamaha 1200 Supertenerè (bella moto, ma Nico, perché hai venduto la Gold Wing?!). Nico mi ha anche procurato il bollino necessario per le autostrade svizzere… oltre a farmi omaggio di un ottimo pacco di biscotti tipici di Biella; perdonami, ma non sono riuscito a farli durare fino al ritorno; vorrà dire che la mia famiglia li assaggerà… in un’altra occasione.
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Il confine svizzero passa senza alcun controllo e ben presto comincio a inoltrarmi tra le montagne: ci sono le Alpi da valicare e il valico scelto è il San Bernardino. Non ho tempo per la vecchia strada, che si inerpica fino al valico, a quota 2.065); del resto l’ho già fatta qualche anno fa (molto bella). Oggi percorro l’autostrada, che, a quota 1.600 si infila nella galleria e sbuca dopo 6,6 km sul versante nord della Alpi.
Comunque bei paesaggi.
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Il cielo si copre, ma ancora non piove. Rispetto rigorosamente il limite di 80 km, basso nonostante l’autostrada sia in gran parte a carreggiata unica. Dopo il valico il limite, finalmente, aumenta a un più decente 100 km/h.
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Lascio sulla destra il piccolo Liechtenstein e arrivo presso il lago di Costanza, al confine con la Germania, nel cantone svizzero di Turgovia, dove mi aspetta Mathias. E’ una zona rurale, con molti piccoli insediamenti nella campagna a poca distanza dal lago. Tante strade locali e indicazioni solo in tedesco; per fortuna ho il punto gps della casa di Mathias e quindi arrivo a destinazione senza problemi, ma, per l’ennesima volta, ringrazio il gps per avermi semplificato e velocizzato il tutto.
Poco prima di arrivare, piove (l’unica volta della giornata); mi fermo per coprirmi (oggi non avevo ancora utilizzato lo strato esterno, impermeabile, di giacca e pantaloni, perché, anche se la temperatura in Svizzera è notevolmente diminuito, non fa ancora tanto freddo da rendere il completo estivo troppo leggero), ma, come spesso accade, pochi minuti dopo che riparto smette.
Arrivato da Mathias, un arcobaleno suggella la prima giornata.
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Mathias mi mette a disposizione una roulotte parcheggiata nel suo giardino. Ceniamo in giardino. Mathias conosce diverse lingue, ma non l’italiano. A dire la verità, l’italiano lo comprende abbastanza e riesce anche a parlarlo un po’, ma, da vero svizzero, preferisce non parlare una lingua se non la conosce bene; comunque il mio inglese è sufficiente per conversare e, se proprio non trovo la parola, subentra lo spagnolo, ben conosciuto da Mathias e spesso tanto simile all’italiano da essere comprensibile anche da me.
Serata piacevole, trascorsa naturalmente a parlare dei nostri viaggi. Vorrei trascorrere più tempo con Mathias, ascoltandolo mentre racconta del suo giro del mondo. Lui mi chiede anche dei miei progetti e ovviamente gli parlo (lo avevo già fatto quando ci incontrammo a Roma) del mio prossimo giro del mondo, e dell’intenzione di compierlo in due mesi (o poco più); dice è molto difficile compierlo in quel tempo, ma gli rispondo che lo so: se non fosse difficile, che gusto ci sarebbe? Sorride e dimostra di comprendere.
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Vorrei continuare ad ascoltarlo, ma stanotte ho dormito solo 3 ore e ho bisogno di riposare: domani voglio attraversare la Manica e arrivare in Gran Bretagna.
A letto nella roulotte. Connessione internet col mio iPad e il wi-fi di Mathias.

Edited by Gold Wing - 23/12/2012, 17:23
 
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9.7.2012 - lunedì - giorno 2
Langrickenbach (7.08) – Londra (RU) (23.02*) *ora locale
km 1.055, viaggio h 16.54, guida h 9.59

Link del percorso su Google Maps
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Saluto Mathias, dandogli appuntamento tra 13 o 14 giorni, a seconda che per l’Irlanda bastino i programmati 7 giorni oppure decida di fermarmi in quell’isola per 8.

Mi affido al gps per uscire dalla campagna svizzera e arrivare al vicino confine tedesco; e il gps mi ripaga… mandami in stradine sempre più strette e secondarie; la prendo a ridere, non c’è problema, anzi apprezzo questo “fuori programma”, che mi fa apprezzare questi luoghi: ci sarà tanta autostrada oggi, un po’ do strade secondarie mi faranno bene.

E anche questo è il bello del gps; senza mi sarei affidato alla segnaletica o ai consigli dei locali, che mi avrebbero portato sulle solite strade, quelle principali; il gps aiuta a scoprire nuove strade, checchè ne dicano alcuni, che sostengono il contrario.
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Entro in Germania a Costanza e supero il Reno, poco a ovest del punto il cui esce dal lago di Costanza.
La Germaniami accoglie con un segnale per me bellissimo: il cartello riepilogativo dei limiti esistenti in questo Stato, dove è indicato che non esiste un limite massimo di autostrada, essendo i 130 indicati solo consigliati. Grande paese, l’unico al mondo (che io sappia) che testardamente mantiene questo segno di civiltà.
E anche per questo motivo che ho deciso di arrivare a Calais passando dalla Germania e non dalla Francia, oltre al fatto che in Germania (e Belgio) le autostrade sono gratuite.
Dopo un po’ di strade ordinarie (dove comunque vige un limite di 100 km/h, più ragionevole dei 90 che dobbiamo sopportare in Italia e in tanti altri Stati), arrivo in autostrada e lì finalmente posso fare quello che mi pare. Questo non vuol dire correre sempre al massimo, ma semplicemente fare quello che dovrebbe essere la regola normale, in un paese civile: che il limite lo decida il pilota, non un ottuso burocrate. Comunque anche in Germania, in alcuni tratti autostradali, ci sono dei limiti (generalmente 120, presso alcuni svincoli o tratti pericolosi, oltre a quelli con lavori in corso; e tutti li rispettano.
Altra cosa che apprezzo della Germania è l’ordine della circolazione; p.e. se faccio un sorpasso a velocità “normale” (170), la Porsche che mi segue (a distanza di sicurezza) aspetta pazientemente e solo dopo che ho completato il sorpasso riprende alla sua velocità di crociera (spesso 250 km/h).
La Germaniapassa tranquilla; belle colline verdi, tempo buono, benzina cara poco meno che in Italia (prendendo l’E10, che costa meno), stazioni di servizio pulite ed efficienti.
La temperatura è gradevole: non troppo caldo, ma abbastanza per restare semplicemente col completo traforato (nei pantaloni ho però chiuso, dalla Svizzera, le prese d’aria).
Entro in Belgio; belle autostrade. Pianura, traffico tranquillo. Il tempo resta bello.
Dopo un po’ però mi sento un po’ stanco: forse le poche ore di sonno di ieri si fanno sentire e non è bastato il riposo di questa notte. Posso guidare anche 24 ore di fila in moto, ma devo essere perfettamente riposato. In moto quando si è stanchi bisogna fermarsi e riposare: c’è poco da scherzare. In un’area di sosta vedo una panca adatta allo scopo, in un prato: bastano pochi minuti, steso a riposare.
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Il traffico aumenta, ma, quando non bastano le tre corsie, utilizzo quella d’emergenza (storia vecchia quella del divieto dell’uso anche alle moto; io la penso così: una moto, usata in modo intelligente, non dà fastidio sulla corsia d’emergenza).
Entro in Francia, ormai sono a pochi km da Calais. La maggior parte dei cartelli indicano il Tunnel sotto la Manica, ma io ho deciso di utilizzare, all’andata, i traghetti: voglio vedere le “bianche scogliere di Dover”, voglio entrare in Gran Bretagna in modo tradizionale. Il più veloce ( e caro) tunnel lo prenderò al ritorno.
Le indicazioni per il traghetto sono chiare e in breve giungo nei pressi dell’imbarco. Non altrettanto chiare sono però gli ultimi segnali, tant’è che supero senza accorgemene gli uffici dove fare i biglietti (io ovviamente, come mio solito, non ho prenotato nulla) e arrivo all’ufficio controllo documenti (infatti sto entrando nel Regno Unito, uscendo dall’area Schengen); velocemente controllano la mia carta d’identità, ma alla mia richiesta di biglietto mi indica che devo farlo “di là” (indica una direzione). Non capisco bene dove, mi fermo poco più avanti presso quelli che sembrano uffici, a non sono quelli giusti, fino a che esce un’impiegata e mi dice che devo proprio uscire da quell’area, aprendomi appositamente un cancello normalmente chiuso; devo quindi tornare indietro, presso degli uffici che avevo superato senza notarli: è qui che si devono fare i biglietti! Ma è tanto difficile mettere delle indicazioni chiare e “ a prova di errore”?!
Faccio il biglietto (la prima partenza è solo tra un’ora e mezzo: più oltre due ore di traghetto, ecco perse quasi 4 ore per superare questi 40 km di mare).
Nell’attesa, nell’ampio piazzale (davanti a ma c’è un motociclista inglese, su GS 1200), mangio qualcosa dalle provviste di bordo (anche perché non c’è nemmeno un bar nelle vicinanze).
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Imbarco e partenza alle 19.30.
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Vorrebbero legare la moto solo con una cinghia sopra la sella, ma io rinforzo con dei tiranti che passano su paramotore e paraborse sinistri.
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Siamo un piccolo gruppo di moto.
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Le ampie spiagge di Calais sono moderatamente affollate di bagnanti; per la verità, sono pochi, comunque molti per i miei criteri climatici, che non mi indurrebbero mai ad un bagno con questo clima.
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Nelle due ore di traversata, ne approfitto per cenare, anche se piuttosto caro. Ho calcolato infatti che sbarcherò piuttosto tardi e già trovare un alloggio (soprattutto un campeggio) sarà difficile, vista l’ora, quindi meglio non perdere tempo col cibo.
Avvisto finalmente le bianche scogliere di Dover: il sole è ormai basso o proprio di fronte, ma è comunque emozionante. Sono felice di aver scelto il traghetto.
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Sbarchiamo alle 20.50 (ho già tolto un’ora rispetto alla Francia, e questo orario resterà anche in Irlanda). Ce l’ho fatta: sono arrivato in Gran Bretagna in 2 giorni; ora il problema è trovare da dormire.
L’ora tarda, infatti, mi consigliano di fermarmi subito per la notte, altrimenti rischierei di non trovare nulla. Già sul traghetto, ho cercato dei campeggi vicini, ma mi rendo conto che la banca dati del gps è piuttosto scarsa al riguardo, a differenza degli alberghi di cui è pieno. Né mi aiutano i passeggeri del traghetto (nemmeno i motociclisti), che si dimostrano poco informati al riguardo.
Il gps mi segnala come campeggio più vicino uno a 17 km: strano, eppure mi ricordavo di averne visti altri più vicini sul pc quando ho studiato il percorso; evidentemente il gps non li riporta tutti. Decido di puntare senza indugi sul campeggio, anche se, arrivare alle 21 in un campeggio è rischioso, potendolo trovare chiuso. Ma il tempo è buono e non mi va di iniziare il mio viaggio nelle isole britanniche con un albergo.
Superate le scogliere con dei viadotti sospesi, prendo la via per Canterbury (e Londra), ma dopo una decina di km il gps mi manda in una stradina secondaria. La campagna inglese è bella, ben curata, ordinata, ma si sta facendo tardi e temo di trovare chiuso.
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Ha rinfrescato a 15°. Arrivo al campeggio proprio al tramonto, le 21.15.
C’è ancora movimento, vedo diversa gente fuori dalle roulotte e camper. L’ufficio è chiuso ma un cartello avvisa di suonare per emergenze. Emergenze? Se io voglio dormire ed è il tramonto, allora per me è un’emergenza! Suono; dall’edificio accanto esce una coppia, dall’aria svogliata (ma stavano già dormendo?); chiedo dove posso piantare la mia tenda. Mi rispondono che non è possibile. Ma perché? Il prato è lì, a pochi metri, vedo che c’è molto spazio libero, se è troppo tardi posso anche pagare domattina o come preferiscono (ho pure le sterline in contanti), per favore, non lasciatemi a cercare un altro alloggio a quest’ora, sono appena arrivato col traghetto.
Niente da fare: “non è possibile”. “Ma perché?” Insisto. Ditemi almeno il perché! Alla fine dicono che non è un campeggio per tende.
Come?! Ma che c##zo di campeggio è?! Non sono ammesse le tende! E invece le roulotte e i camper, e quelle enormi case mobili (che di mobile ormai non hanno nulla, come molte roulotte e camper) sì?!
Una cosa che odio dei campeggi è vederli trasformati in un’accozzaglia di seconde case, un surrogato dei villaggi abusivi di cemento, non molto dissimili da quelli, appena un gradino sotto nella scala degli obbrobri ambientali. Un campeggio DEVE nascere per le tende, POI eventualmente, possono esserci anche roulotte e camper, ma un campeggio senza tende, dove queste sono addirittura vietate, è un controsenso, come un porto senza barche, un parcheggio senza veicoli, un distributore senza benzina,
Il mio inglese non è tanto buono da esprimere tutto questo ai due gestori del campeggio che, sempre più svogliati, si avviano a rientrare nell’edificio; ma mostro chiaramente il mio disappunto, e sgasso abbondantemente con la moto quando riparto, sollevando un bel po’ di polvere, a turbare quella apparente pace, frutto di inaccettabili divieti.
Ora ho poco tempo da perdere: sono le 21.20, di fronte a me ho Londra (dove non ho nessuna intenzione di entrare) e devo trovare un alloggio, qualunque esso sia.
Torno sulla via principale e arrivo a Canterbury; di alberghi è pieno (li vedo e lo stesso gps ne segnala molti) ma mi sembrano tutti piuttosto cari; chiedo in giro e ottengo qualche indicazione su un albergo economico, indicazioni che si dimostrano ben poco attendibili (mi chiedono infatti l’equivalente di 120 euro: ma siamo pazzi!). Esco da Canterbury (intravvedendo appena la sua famosa cattedrale, sede dell’arcivescovo capo della Chiesa d’Inghilterra) e punto su Londra.
Londra si supera con una grande circonvallazione, un raccordo anulare molto ampio (191 km!); arrivato al raccordo, ne percorro il tratto meridionale, lungo la strada programmata per Stonehenge, mio obiettivo di domani.
L’autostrada è ampia, con 3 corsie per senso di marca più quella d’emergenza; il traffico abbastanza intenso. Dopo meno di 10 km trovo un motel lungo l’autostrada e prendo una camera. Ho fatto tardi, ma adesso posso riposare (sono le 23).
Domani Stonehenge e Galles!

Edited by Gold Wing - 14/10/2012, 16:23
 
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10.7.2012 – martedì -giorno 3
Londra (7.39) – Aberystwyth (17.23)
km 490, viaggio h 9.44, guida h 5.53

Link a Google Maps
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Saluto il provvidenziale motel (noto però che, più avanti sull’autostrada, ce n’erano altri) e riprendo la circonvallazione di Londra. Solito traffico e soliti slalom da parte mia.
Lasciata Londra, continuo verso ovest; oggi raggiungerò il primo dei luoghi del viaggio che ho deciso di visitare, il primo della lista preparata dacasa: Stonehenge.
Comincio ad intravvedere qualcosa dalla strada e lascio la moto nell’apposito parcheggio. C’è un notevole afflusso di gente: inevitabile, vista l’importanza e la notorietà del sito.
Costruito tra il 3.000 a.C. (il terrapieno circolare esterno e il fossato), il2.000 (il cerchio interno di pietre di granito, tra cui le famose bluestone, pietre blu) e il 1.500 a.C. (il ferro di cavallo trilitico, formato da 5 gruppi di 3 pietre, e il grande cerchio esterno).
Lungo il corridoio d’accesso, che collega il parcheggio al sito passando sotto la strada, un disegno raffigura come si presentava Stonehenge 3.500 anni fa.
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e quanto hanno faticato per erigerla.
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Il sito era probabilmente un calendario astronomico o un luogo sacrificale. E’ impressionante vedere l’insieme di questi enormi massi e ancora più impressionante è pensare a come era prima che molti di essi crollassero o fossero asportati, lasciando il sito com’è ora.
Gli enormi triliti sono composti da due monoliti verticali e uno orizzontale, semplicemente poggiato sopra i primi due; si manteneva con un sistema tanto semplice quanto ingegnoso: la pietra orizzontale presentava due piccoli incavi, che si incastravano perfettamente con due sporgenze sulla sommità dei monoliti verticali.
Giro il sito con calma, ascoltando l’utile audio guida fornita insieme al biglietto.
Molte di queste enormi pietre (p.e. le bluestone, pesanti 4 tonnellate l’una) furono trasportate dalle montagne del Galles, lontane 400 km; le più grandi,pesanti 50 tonnellate, provengono da un sito posto a 32 km. Centinaia, forsemigliaia di persone, lavorarono per anni, con gli attrezzi rudimentali dell’età della pietra.
Impressionante, davvero impressionante.
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continua…

Edited by Gold Wing - 23/12/2012, 23:20
 
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Dragokappa
view post Posted on 14/10/2012, 21:34




Complimenti per il viaggio (che avevo già letto) e per il racconto, sempre molto accurato.
 
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view post Posted on 14/10/2012, 21:55
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... continua dal post precedente.

Terminata la visita a Stonehenge, riprendo la moto e punto verso il Galles, verso nord-ovest.
Il cielo resta coperto e quindi… resto coperto pure io: del resto la temperatura non può certo definirsi estiva (almeno per i nostri parametri). Percorro alcune strade secondarie verso nord, in una delle quali incontro uno strano trike, guidato da un'altrettanto strana coppia.
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Mi sono ormai abbastanza abituato alla guida a sinistra, ma devo sempre mantenere la concentrazione, soprattutto nelle ripartenze dopo le soste, in cui è più facile che l’istinto prenda il sopravvento. Nessuna particolare difficoltà nelle rotonde, anche perché sono tutti estremamente corretti: molto più difficile affrontarle in Italia. Comunque anche qui ne sono infestati.
Prendo l’autostrada (proveniente da Londra), diretto verso Bristol. Supero l’ampio estuario del fiume Severn ed entro in Galles. Il ponte sospeso sul fiume è molto bello: costruito nel 1966, la sua campata centrale sospesa è lunga m 988. Ma non è questo il ponte che sto attraversando, bensì il nuovo ponte, costruito nel 1994, circa 5 km a valle, più lungo complessivamente (m 5.126 km), ma con una campata centrale più corta (m 456).
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Il Galles meridionale non è la parte paesaggisticamente più interessante della regione e la supero con una veloce autostrada.
Una delle prime cose che noto in Galles è che quasi tutte le scritte sono riportate (oltre che ovviamente in inglese) in gallese; sia la segnaletica verticale, che quella orizzontale. Tra quest’ultima, imparo presto che lento (slow in inglese) in gallese si dice araf.
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Ho ormai lasciato l’autostrada e percorro il valico (piuttosto basso per la verità, appena 300 m) che separa la costa meridionale del Galles da quella occidentale, tagliando la penisola del Pembrokeshire alla mia sinistra (sarebbe anche interessante da percorrere, ma non ne ho il tempo e ho deciso di visitare la costa ovest e quella nord).
La strada è bella, poco frequentata e immersa nel verde (VEDI ANCHE FOTO PRECEDENTE).
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Da Aberaeron la strada corre vicina alla costa.
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Stavolta non voglio fare tardi per trovare da dormire, possibilmente in un campeggio. Comincio a chiedere in giro e ne trovo uno vicino a Aberystwyth, città posta a metà della costa occidentale gallese.
Il campeggio è in bella posizione panoramica sulla costa e la città,con ampi prati, numerose case mobili e camper e roulotte, ma finalmente, come dovrebbe essere sempre ovvio, ampi spazi a disposizione delle tende, non numerose ma comunque presenti.
Oggi mi sono fermato presto; ne approfitterò per riposare bene epartire presto domani; la prossima infatti sarà una giornata lunga, comprensiva del traghetto necessario per arrivare sull’isola di Man.
Campeggio:
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Edited by Gold Wing - 8/12/2012, 10:51
 
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view post Posted on 15/10/2012, 21:25
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11.7.2012 – mercoledì - giorno 4
Aberystwyth (5.55) – Man (21.02)
km 492, viaggio h 15.07, guida h 6.46

Link a Google Maps
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Riesco a partire abbastanza presto e, smontata la tenda e sistemati i bagagli, prima delle 6 sono già sulla litoranea, diretto a nord. Il cielo è coperto, ma non piove. Temperatura 13°.
Piccoli paesi e porticcioli si susseguono lungo la costa. Noto la notevole escursione della marea, testimoniata dall’altezza delle banchine e il sistema di ormeggio delle imbarcazioni, alcune delle quali sono letteralmente appese alle stesse, mediante le cime d’ormeggio, con la chiglia all’asciutto, in una inusuale (almeno per noi mediterranei) posizione.
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La costa è bella e la strada spesso si dirige verso l’interno, sulle colline, per superare baie o profonde insenature create anche dalle foci dei fiumi.
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Km di muretti a secco e migliaia di pecore che punteggiano i prati, fino al mare.
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Belle spiagge si aprono improvvise.
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Comincia a piovere un po’. La strada si interna nel parco nazionale Snowdonia, tra i boschi.
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Attraverso piccoli paesi e passo vicino a un bel castello… (Castell Deudraeth) che sarebbe più interessante se non fosse semplicemente un ristorante.
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Percorro una verde valle, con un impetuoso ruscello che scorre parallelo alla strada, usato anche per lo sport della canoa.
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Gli appositi segnali indicano che, in questo momento, il livello dell’acqua è troppo basso per la pratica di questo sport.
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Più a nord, il panorama si apre su verdi colline e montagne. Parco nazionale di Snowdonia.
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Giunto presso l’estremità settentrionale del Galles, dove la costa piega a est, sono di fronte all’isola di Anglesey, che è una delle più grandi delle isole britanniche (dopo ovviamente la Gran Bretagna e l’Irlanda, è al quinto post dopo 4 isole scozzesi), con 714 km².
Anglesey è collegata alla Gran Bretagna da un ponte, che attraverso lo stretto canale che divide le due isole.
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Continua nel post successivo…

Edited by Gold Wing - 24/12/2012, 18:39
 
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… continua dal post precedente

Ma il motivo principale per cui ho deciso di mettere le ruote dellamia moto in quest’isola è il curioso nome del primo paese che si incontra appena arrivati ad Anglesey: Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch.
Sì, avete letto bene, si chiama proprio così. Questo è il nome gallese, la cui traduzione inglese potete vedere nella foto e che in italiano vuol dire “Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tysilio nei pressi della caverna rossa”.
La scelta del (1860 circa) del consiglio cittadino di Llanfair PG, o Llanfairpwll in gallese (questa è la forma abbreviata, comunemente usata), che allora si chiamava “solo” Llanfair Pwllgwyngyll, era probabilmente soprattutto con scopo turistico, ma è comunque la prima volta che vedo un normale cartello indicatore di località… più grande della mia moto.
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Compro un portachiavi ricordo con la scritta del nome del paese, portachiavi che immagino sarà più lungo di qualunque chiave ci appenderò.
Rientrato in Gran Bretagna, percorro la costa settentrionale del Galles. Ormai sono non lontano da Liverpool e devo decidere da dove imbarcarmi per l’isola di Man. Infatti questo è un punto, nella programmazione del viaggio, lasciato ancora aperto. Il traghetto da Liverpool a Man è uno solo e parte alle 19.15. Sono appena le 10, quindi è troppo presto per dirigere verso Liverpool.
Decido quindi di puntare su Heysham, un porto un centinaio di km più a nord, da dove le partenze sono due al giorno: una all’assurdo orario delle 2.15, l’altra ad un più comodo 14.15. Questo traghetto ci mette di più, h 3.30 contro 2.45 (pure essendo la tratta più corta), ma mi consentirà di arrivare sull’isola di Man a un orario che mi permetterà di sfruttare la luce del giorno già stasera per un giro sull’isola, dove ho programmato di restare per tutta la giornata di domani.
Lascio Liverpool alla mia sinistra e, via autostrada (tutte gratuite: in Inghilterra sono pochissime le autostrade a pagamento), giungo in breve a Heysham, comodamente in tempo per fare il biglietto (è richiesta un’ora dianticipo, sono le 12.30).
Ci siamo: imbarco per la mitica isola di Man; non sto più nella pelle per l’emozione.
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Intorno a me comincia ad affollarsi di motociclette; l’isola di Man è una meta simbolo per molti motociclisti, non solo durante il famoso TouristTrophy (periodo durante il quale è quasi impossibile trovare biglietti per itraghetti e alloggio sull’isola, se non si è prenotato col largo anticipo).
Accanto a me c’è una coppia con moto sportiva e tuta di pelle; si avvicinano chiedendo da dove vengo (finora non ho incontrato nessun motociclista italiano); si meravigliano della lunghezza del viaggio, ma si meravigliano ancora di più quando, dopo la mia risposta che questo per me non è un viaggio “lungo”, guardano la cartina adesiva sul cupolino della moto,rimasta lì dopo il viaggio in Giappone.
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Imbarco alle 13.35, partenza puntuale alle 14.15.
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Nel traghetto la moto è bloccata in modo molto professionale (per loro legare le moto è pane quotidiano).
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ISOLA DI MAN
La traversata dura poco più delle previste h 3.30: attracchiamo alle 18.
Sbarco a Douglas, la capitale di Man. Man formalmente non fa parte del Regno Unito: è una dipendenza diretta della Corona Britannica. Il Regno Unitone cura le relazioni estere e la difesa, ma ha pieno autogoverno interno. Superficie 572 km2, la settima tra le isole minori britanniche; 80.000 abitanti.
Attraversata velocemente Douglas, mi dirigo subito verso il campeggioprescelto, il Glenlough Campsite, strategicamente situato a pochi km dallacittà, proprio lungo il percorso del TT.
Il cartello è inequivocabile: qui tutti sono benvenuti… e ci mancherebbe!
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Un raro sole (per questi luoghi) mi assiste nel montaggio tenda, terminata (velocemente) la quale, ovviamente risalgo subito in moto per un giro nel mitico circuito. Non aspetto domani: c’è ancora luce e voglio assaggiarlo già oggi.
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Ma prima ho da sbrigare una faccenda; infatti non mi funziona la luce della tenda, quindi chiedo indicazioni su dove comprare qualcosa del genere e, trovato un grande magazzino, la compro. Questa digressione mi dà comunque modo di ammirare, quasi al tramonto, alcuni bei panorami dell’isola.
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Ora al circuito!
Alcuni cenni sul Tourist Trophy. Il Tourist Trophy (normalmente abbreviato in TT) è un’antica corsa motociclistica, che si svolge ogni anno,dal 1907 sulle strade dell’isola di Man. Fino al 1976 era incluso nel calendario del Campionato del Mondo di motociclismo, ora non più, per l’estrema pericolosità del circuito, che è completamente cittadino, in cui le moto moderne raggiungono oltre i 200 km/h di media sui suoi 60,7 km. Strade strette,muretti a secco, assenza di via di fuga lo rendono in effetti molto pericoloso, testimoniato anche dai numerosi morti.
Ma, nonostante questo (o forse proprio anche per questo?), questa gara è mitica e vanta un incredibile seguito (nelle giornate delle gare, e in quelle precedenti e successive, l’isola è invasa da migliaia di appassionati ed è praticamente impossibile trovare alloggio se non si è prenotato molto tempo prima). Molti nomi di vincitori del TT sono entrati nella leggenda: Joey Dunlop (26 vittorie nelle varie categorie), JohnMcGuinness (19), Mike Hailwood (14)...
Il record del giro più veloce è di 17’ 12,30”, a una media di 211,754 km/h sui 60,7 km del circuito (JohnMcGuinness, su Honda CBR 1000RR, nel 2009).
Giungo al punto della partenza, nella capitale Douglas. Sosto di fronte alle tribune, ora vuote, che hanno accolto tanti entusiasti spettatori,al lungo tabellone segnatempo di legno dove si segnano i tempi dei corridori. E’ strano vedere il luogo della partenza di una gara motociclistica, posto in pieno centro abitato, lungo una normale via cittadina. Ma questo è il TT.
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Ho programmato di fare delle riprese video e delle foto lungo ilcircuito, ma ora ho solo voglia di percorrerlo. Dopo averne tanto sentitoparlare, dopo averne tanto letto, ora ho solo voglia di percorrerlo. Con la mia moto, al tramonto.
Ovviamente ben consapevole dei miei limiti, di quelli della mia moto (i 211,754 km/hdi media del record del circuito la mia moto non li raggiunge nemmeno come velocità massima), di quelli del traffico (si tratta di strade aperte, chiuse al traffico solo durante le gare). Ma non dei limiti di velocità! Infatti sull’isola di Man non esistono limiti di velocità (tranne nei centri abitati); perfino meglio della Germania, dove tale libertà è limitata alle autostrade (che qui non ci sono): che isola meravigliosa!
Ma ora basta pensare. Metto in moto, immagino il semaforo accendersi evia!
Non descrivere ora il circuito. Domani lo visiterò con più calma, analizzandone ogni curva. Oggi lo percorro soltanto, alla massima velocità, senza preoccuparmi di documentarlo.
E’ una sensazione stupenda! Durante il giro mi sembra di essere proprio durante la gara; i nomi delle curve famose (tutte segnalate con apposit icartelli) scorrono davanti ai miei occhi, attraverso le località di cui tantoho letto nei resoconti delle gare, i famosi e pericolosi muretti a secco passano a pochi centimetri delle ruote della mia moto, perfino la mitica collina di Bray Hill prova a far decollare la mia Gold Wing (ci prova solo, perché la mia misera velocità e la quasi mezza tonnellata di moto spengono in partenza ogni tentativo).
E poi la strada; e l’ambiente intorno! E’ magnifica. Sembra disegnata apposta per essere percorsa (e di corsa) in motocicletta. Asfalto perfetto (anche se cittadino, è pur sempre un circuito, quindi la manutenzione è costante e perfetta), scorci sul mare che si aprono improvvisi, su tutti iversanti dell’isola, il selvaggio interno, dove la strada sale verso il Monte Snaefell, con la vegetazione sempre più rada fino a che restano solo le brulle alture e la vista spazia fino al mare.
All’inizio di questo report ho scritto che “Si dice, sull’isola diMan, che dalla vetta del monte Snaefell si possano vedere 6 paesi: l’isola di Man, l’Irlanda, la Scozia,l’Inghilterra, il Galles e… il Paradiso. Il Paradiso non l’ho visto, ma gli altri 5 paesi sì.” Mi correggo: forse il Paradiso l’ho visto. O almeno qualcosa che ci va molto vicino per un motociclista: il circuito del TT.
Solo due foto, per ricordarmi questo giro. La mia prima volta su strade del TT.
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Il percorso (link a Google Maps).
tt


Completato il giro, il tempo di documentare che, ovviamente, sono anniluce lontano dai tempi del più scarso dei piloti del TT, come documenta impietosamente il mio gps.
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50’ per percorrere i 60,7 km del circuito, alla media di 72 km/h :D; torniamo con i piedi per terra. ;)
Rientro al campeggio: domattina si visita l’isola... cominciando dal circuito.

Edited by Gold Wing - 24/12/2012, 21:48
 
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view post Posted on 15/10/2012, 22:48
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12.7.2012 – giovedì - giorno 5
Man (6.36) – Man (19.19)
km 367, viaggio h 12.43, guida h 7.06

Link a Google Maps (la cartina indica tutto il percorso della giornata, che non si limita a quello del TT); il solo circuito del TT è raffigurato nella cartina del post precedente).
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Oggi sarà l’unica giornata del viaggio in cui la sera dormirò nellostesso posto della mattina; infatti, arrivato solo ieri sera a Man, ho programmato di restarci fino a domattina, quando prenderò l’unico traghetto per Belfast, alle 7 (è necessario presentarsi un’ora prima).
Il sole bacia la mia moto e la mia tenda al risveglio.
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Breve giro per Douglas, la capitale di Man, distesa sul lungomare (pieno di alberghi e simili).
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Quindi giungo al punto di partenza del circuito del TT.
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Il tabellone segna ancora un tempo del giro… per me inarrivabile.
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Temperatura 12°. Decido di fare un giro ancora “libero”, senza l’assillo di foto o filmati. Tornato a Douglas, farò il giro col video. Poi un giro “lento”, per le foto.
Riconosco le strade di ieri; ora il circuito non è “ignoto” per me (completamente non lo era nemmeno ieri sera, perché lo avevo studiato a casa), ma le strade dell’isola sono molto trafficate, più di ieri sera, e concludo con un tempo leggermente più alto della prima volta (54’).
Il circuito comunque è bellissimo, nonostante il traffico inevitabilmente spezzi un po’ il ritmo; ma basta uscire dai centri abitati perché diminuisca e si possa assaporare meglio la bellezza delle strade.
Per fortuna il tempo si mantiene buono, alternando sole e nuvolo.
Eccomi di nuovo sulla linea di partenza.
Diversi ragazzi, molti in divisa scura, sembrano andare a scuola (sono le 8.25): a scuola il 12 luglio?
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Continua nel post successivo…

Edited by Gold Wing - 18/10/2012, 23:37
 
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supergiovane34
view post Posted on 16/10/2012, 19:55




Che piacere leggere queste righe e vedere le tue foto Marcello! Mi ricordano il mio viaggio sull'isola di man del 2009 e,cavolo, anch'io non trovavo quella maledetta biglietteria a Calais e sono finito all'imbarco e stessa grana con quei campeggi:rari e non per tende! Non ho visto la foto Fairy Bridge sull'isola di man....non puoi non essere andato a salutare i folletti! ;-)
 
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view post Posted on 16/10/2012, 20:09
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Cervello disabitato

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Report spettacolare...grande Marcello.
 
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Falko&Kriss
view post Posted on 19/10/2012, 16:30




Mi sta venendo la voglia di caricare la moto e partire, bellissimo report Marcello
 
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view post Posted on 19/10/2012, 18:18
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CITAZIONE (Falko&Kriss @ 19/10/2012, 17:30) 
Mi sta venendo la voglia di caricare la moto e partire, bellissimo report Marcello

Grazie Angelo, e grazie agli altri amici che lo stanno apprezzando; sono lieto che vi piaccia.
Farò il possibile per completare la pubblicazione al più presto. :)
 
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view post Posted on 20/10/2012, 09:32
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… continua dal post precedente

Monto la telecamera sul manubrio (dopo i malfunzionamenti del viaggio in Giappone, non uso più telecamere da casco, di cui non capisco mai se stanno filmando o no, ma solo la mia affidabile fotocamera) e parto.
Il traffico è ancora intenso: giro in 49’ 44” (vel. max 137 km/h, media 73 km/h sui 60,7 km).
Tempo ovviamente ridicolo paragonato a quelli delle gare, :D ma mi sono molto divertito. :)
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Ecco i filmati:

FILMATO 1 - 10'
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FILMATO 2 – 10'
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FILMATO 3 – 10'
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FILMATO 4 – 10'
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FILMATO 5 - 37"
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FILMATO 6 - 8' 21"
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Continua nel post successivo…
 
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view post Posted on 20/10/2012, 09:58
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… continua dal post precedente

Ora basta correre. Il quarto giro sul circuito sarà lento e farò molte fotografie. Smonto la fotocamera dal manubrio e la rimetto nella solita posizione in cui è stata (e sarà) per tutto il viaggio: appesa al mio collo.

Ecco una cartina del percorso con evidenziati diversi punti del circuito.
Link a Google Maps (nella cartina di Google Maps tutti i punti indicati sono numerati con numeri progressivi e hanno l'indicazione del nome del luogo, per il quale in questo topic sono postate le foto).
tt-numeri-1000

Partenza a Douglas, di fronte alle tribune:
01 - Grandstand
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02 - Bray Hill, la celebre collina dove le moto, quando vanno veloci, decollano per una cunetta.
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03 - Quarter Bridge
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Una delle cose che mi ha impressionato è che tutti i punti più esposti del circuito (muretti a secco sul lato esterno della curva, dove il pilota uscito di strada impatterebbe per primo) sono protetti con apposite imbottiture; lo stesso per i pali isolati (p.e. quelli dei segnali stradali e in genere tutti quelli di sostegno). Tenendo conto che ora non siamo nel periodo del circuito, né in quello immediatamente precedente o successivo, credo che queste protezioni non siano temporanee, proteggendo quindi non solo i piloti delle gare, ma tutti i motociclisti.
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04 - Braddan Bridge (in fondo si vede la chiesa di Braddan e a sinistra la tribuna).
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view post Posted on 20/10/2012, 10:18
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… continua dal post precedente

05 – Union Mills. Curva a S in discesa. Bar che offre fish & chips con birra. Notare le protezioni (bianche e rosse).
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06 - Glen Wine.
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07- Crosby (villaggio con croce).
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08 – Highlander, uno dei punti più veloci. Notare il cartello che indica la fine del limite di velocità, presente solo nei centri abitati. Al di fuori non c’è limite.
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09 – Greeba Castle, dimora di Sir Hall Caine, scrittore di romanzi vittoriani.
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10 – Greeba Bridge, doppia curva, pericolosa per il rischio di uscire dalla traiettoria.
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11 - Ballacraine (fattoria della famiglia Craine), pericolosa curva a 90°.
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12 - Ballig
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13 - Doran’s Bend (in ricordo di un incidente a Bill Doran nel 1952)
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14 - Laurel Bank
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15 - 9° miglio
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