Con ENORMISSIMISSIMISSIMO ritardo (mea culpa!!) vado a chiudere il report con le ultime giornate di viaggio...
19 AGOSTO [801,1km - 8:05h]
Goreme - Izmit
Archiviata pure la visita della Cappadocia (qualche giorno in più da dedicare a questa zona non sarebbe stato male ma... non si può avere tutto purtroppo) iniziamo il vero e proprio rientro con uno dei due "tapponi" fatti di tanti km e poche visite, anche se qualcosa da vedere ce le infileremo dentro lo stesso!
Caricati i bagagli sulla moto, salutiamo questi paesaggi meravigliosi e ci dirigiamo come ormai da abitudine verso ovest. Superata Aksaray, dopo circa un'ora e mezza, decidiamo di fare la prima sosta-visite della giornata, il caravanserraglio di Sultanhani: è il primo vero caravanserraglio che visitiamo ed è una cosa a cui tenevo particolarmente. Volendo descrivere rapidamente cos'erano i caravanserragli, perdendo un po' di magia, si può rapidamente paragonarli ad una sorta di motel dell'epoca dove i "trasportatori di merci" potevano fermarsi a passare la notte. In realtà con un moderno e asettico motel c'entravano assai poco... La struttura tipica di un caravanserraglio è composta da una cinta muraria all'interno della quale era presente un grande cortile. La cinta muraria, oltre ad essere una difesa nei confronti dei predoni, ospitava generalmente (con entrata chiaramente dall'interno) le stanze dove i viaggiatori e i mercanti potevano lasciare i loro "camion" (i cammelli
), le loro mercanzie e infine dove potevano trovare alloggio anche loro per dormire e riposarsi.
Le varie rotte da occidente verso oriente che compongono quella che è chiamata la Via della Seta sono piuttosto ricche di caravanserragli, proprio perché erano gli unici posti, al di fuori delle città, che garantivano un po' di sicurezza: nel visitare questo caravanserraglio l'immaginazione ovviamente galoppa e mi immagino il cortile prendere vita nelle sere d'estate, con il brulicare di mercanti che si scambiano merci, che giocano a carte, che discutono animatamente... suggestivo!
Questo caravanserraglio in particolare è il più grande di tutta l'Anatolia: già la porta di ingresso, finemente decorata, fa capire che si trattava di una struttura importante. Una volta entrati ci si rende conto di come le dimensioni siano considerevoli. Le stanze ricavate nei portici sono suddivise a seconda della destinazione d'uso: alcune, più piccole, erano dedicate alle camere, altre a mense e cucine, al centro è presente anche una stanza dedicata alla preghiera mentre nel lato corto opposto all'ingresso si trova una grande stalla, semibuia e dal soffitto piuttosto alto, dove venivano lasciati a riposare gli animali e dove venivano riposte le merci.
Dopo la visita (grossomodo mezzora) ripartiamo ancora una volta in direzione ovest salvo, dopo poco, deviare verso nord, in direzione del lago salato Tuz Golu (che, alla faccia della immaginazione, in turco vuol dire proprio... "lago salato"). Il lago è il secondo per dimensioni in tutta la Turchia (dopo il lago Van) e con i suoi 1500km2 è anche uno dei laghi salati più grandi del mondo. Prendiamo la strada che costeggia il lato ovest attraversando diversi paesi (Eskil, Golyazi, Cihanbeyli), tenendoci le distese di sale sulla nostra destra: speravamo sinceramente di vedere distese di sale molto più ampie ma la strada passa in realtà in mezzo a delle campagne.
Dopo diversi km avvistiamo un cartello che indica "Tuz Golu" e ci infiliamo in questa strada laterale sperando di avvicinarci di più al lago ma dopo un po' arriviamo ad un cancello che blocca l'accesso: da una casupola bianca esce una guardia che non parla una parola di inglese ma con cui riusciamo in qualche modo a farci capire e intuiamo che per vedere le distese di sale da vicino dobbiamo andare dall'altra parte del lago. Uff... oggi sono in programma parecchi km e volevamo limitare le deviazioni...
Torniamo a questo punto sulla strada principale e continuiamo verso nord dove, dopo un po', riceviamo dalla Turchia un vero e proprio "vaffan Kulu" (la foto al cartello era d'obbligo!).
Approfittiamo di un benzinaio e del suo negozietto attiguo per mangiare qualcosina e quindi ci rimettiamo in marcia fino al lato nord-ovest del lago: di sale ancora non è vista l'ombra per cui aspettiamo a dirigergi verso Ankara (come da programma) e continuiamo a costeggiare il lago, anche se questo vuol dire andare verso est e quindi verso sud. Per fortuna la deviazione non sarà di troppi km: prima del paese di Sereflikochisar si apre davanti a noi l'enorme distesa di sale! Arrivati ad un parcheggio piuttosto grande ci fermiamo e vediamo che è presente anche un Museo del Sale che purtroppo non abbiamo il tempo di visitare, ma un po' di tempo per scendere dalla moto e camminare su questo tappeto bianco decidiamo di prendercelo! Oltre a noi c'è anche parecchia altra gente (c'erano diversi pullman al parcheggio) ma questo non rovina troppo la nostra (rapida) vista, piuttosto un sole un po' dispettoso continua a nascondersi dietro poche - ma fastidiose - nuvole rovinando un po' i colori e la brillantezza del paesaggio e ci costringe - da fotografi pignoli - ad attendere i momenti buoni in cui fa capolino per scattare.
Lasciamo il lago che sono ormai le 15.30, con un po' di rimpianto perché se dopo Aksaray avessimo scelto il lato est del lago piuttosto che il lato ovest avremmo perso molto meno tempo e ci saremmo potuti godere di più il lago (sul lato est dovrebbe esserci anche un punto in cui si può salire sulla distesa di sale con la moto) ma stupidamente non ci eravamo informati troppo prima di partire per il viaggio... vorrà dire che al prossimo viaggio in Turchia ripasseremo da queste parti!
Per quanto riguarda il resto della giornata c'è piuttosto poco da raccontare. L'idea iniziale era quella di raggiungere Istanbul per cui decidiamo di provarci, consapevoli che i km da fare sono ancora parecchi ma anche che di visite e soste non ce ne saranno più per cui pronti partenza e via. Arriviamo ad Ankara con strade extraurbane e da lì ci dirigiamo verso l'autostrada: ci prepariamo a pagarla con la carta prepagata ma arrivati al casello vediamo che le sbarre sono alzate. Un po' perplessi ci fermiamo un attimo per capire cosa fare ma il cartello appiccicato in modo approssimativo al casello è assolutamente incomprensibile visto che è solo in turco. Riusciamo solo a decifrare i numeri che sembrano indicare le date del 18 e del 22 agosto... alla fine, non potendo far altro, passiamo oltre senza pagare (ipotizziamo sia una sorta di sciopero ma ... boh! chi lo sa!).
Proseguiamo per parecchi km lungo l'autostrada con la strada che piano piano sale di altitudine mentre attraveriamo le montagne a nord-ovest di Ankara. Verso le 6 di sera, per la prima volta dall'inizio del viaggio, iniziamo addirittura ad avere freddo, tanto da farci fermare in un autogrill per indossare le tute antipioggia: di ripararci dall'acqua non c'è bisogno, ma funzionano molto bene anche da antivento, soprattutto considerando che la temperatura era scesa a 14 gradi e che le nostre giacche sono giacche traforate.
Con il sole che si avvicina al tramonto iniziamo a ragionare sul dove fermarci per dormire: Istanbul non è lontanissima ma l'idea di viaggiare con il buio non ci attira per cui optiamo per sfruttare un McDonald presente in un autogrill per cenare rapidamente e quindi per dirigerci verso la grossa città portuale di Izmit, sul Mar di Marmara, dove cercheremo un alloggio.
Entriamo in città con la luce ormai assente e proviamo a trovare un albergo con l'aiuto del GPS: le zone che attraversiamo non sembrano il massimo e come alberghi non troviamo vie di mezzo, o sono 4-5 stelle (in uno proviamo a chiedere ma i prezzi come prevedibile sono decisamente alti) o sono bettole di infima qualità. Fortunatamente il detto "chi la dura la vince" si conferma valido e alla fine troviamo un albergo decente ad un prezzo ragionevole, con tanto di pseudo garage dove riparare la moto. Sono le 21.30, siamo piuttosto stanchi ma siamo contenti di essere arrivati quasi ad Istanbul: se la frontiera Turchia-Grecia non ci porterà via troppo tempo, domani sera dovremmo riuscire ad arrivare fino a Kalambaka.
20 AGOSTO [928,3km - 8:59h]
Izmit - Kalambaka
Il programma della giornata è piuttosto semplice da descrivere... guidare! Da Izmit a Kalambaka, meta della giornata, ci sono circa 1000km e una frontiera da attraversare, per cui lo spazio per le visite dovrà necessariamente essere ridotto a zero.
Nel giro di breve tempo lasciamo Izmit e raggiungiamo per la seconda volta nel viaggio la zona di Istanbul. Il traffico sembra essere leggermente meno pesante che non all'andata e non nascondo un po' di emozione nel riattraversare il ponte sul Bosforo che segna il nostro ritorno in Europa: ciao Asia, ci hai fatto da casa per diversi giorni e, siamo sicuri, tornerai a farci da casa diverse altre volte in futuro!
Passata Istanbul lasciamo l'autostrada (che ci porterebbe verso la Bulgaria) e proseguiamo lungo la strada che costeggia il Mar di Marmara, in direzione Grecia. Ci presentiamo alla frontiera turco-ellenica verso le 14, dopo aver speso le ultime lire turche per mangiare qualcosa, e nel giro di appena 25 minuti (molto più rapidamente di quanto previsto) ci troviamo nuovamente nella comunità europea. Fantastico, ormai abbiamo la certezza di riuscire ad arrivare a Kalambaka in serata, il che vuol dire che domani mattina avremo tutto il tempo di visitare Meteora e i monasteri!
Imbocchiamo appena possiamo l'autostrada Egnatia e la percorriamo senza soste, se non quelle obbligatorie ad alcuni caselli dove si paga un pedaggio fisso, necessariamente in monete. Al contrario di quanto ci saremmo aspettati - e di quanto avviene in praticamente tutte le autostrade del mondo... - notiamo che i benzinai sono praticamente assenti, solo qualche parcheggio dotato di WC ma niente di più. L'autonomia della Stelvio ci aiuta ma dopo un paio d'ore di percorrenza siamo comunque costretti ad uscire dalla autostrada per rifornire in un paesino e con l'occasione ci incrociamo con una coppia di italiani, anche loro fermi con il serbatoio semivuoto, e l'occasione è buona ovviamente per scambiare due parole e riposarci all'ombra.
Costeggiamo il bellissimo mare greco grossomodo fino a Salonicco, dopodiché la strada piega verso l'interno e dopo una serie di saliscendi piuttosto ricchi di curve arriviamo, un po' stanchi, a Kalambaka: sono le otto e mezza di sera ma il cielo è ancora chiaro, d'altra parte c'è ancora lo stesso fuso orario dell'est della Turchia, nonostante ci siano diverse migliaia di km di distanza e, mentre in Kurdistan alle 19 era già buio, qui prima dell'arrivo della notte si deve aspettare ancora un po'.
Arrivati in paese sfruttiamo la tecnologia e tramite lo smartphone proviamo a cercare qualche albergo leggendo il capitolo dedicato a questa zona della Lonely Planet della Grecia comprato giusto un paio di sere prima in formato PDF. La Guest House che scegliamo purtroppo non ha posti disponibili ma fortuna vuole che quella giusto accanto abbia una bella stanza disponibile: la proprietaria, data l'ora ormai tarda, piuttosto che lasciarla vuota decide di farci un buono sconto sul prezzo di listino e di includere nella tariffa (50€) anche la colazione.
Perfetto... siamo arrivati a destinazione, abbiamo trovato una bella stanza dove dormire... ci rimane solo di scendere in paese a piedi (la guest house è subito fuori la zona più abitata) e mettere qualcosa sotto i denti. Dopo una passeggiata di una decina di minuti ci sediamo in una taverna dove assaporiamo la cucina greca (che già conoscevamo e apprezzavamo): souvlaki, agnello, moussaka, tzaziki... un ottimo modo per chiudere la giornata!
21 AGOSTO [184,3km - 2:38h]
Kalambaka – Meteore – Igoumenitsa
Ci alziamo consapevoli che oggi sarà l'ultimo vero giorno di viaggio visto che domani mattina saremo in Italia e che il Bari-Roma non sarà altro che un noioso spostamento privo di qualunque interesse. Lo inauguriamo con una colazione abbondante fatta in tutta calma (verso le 9.30) e con le pratiche di check-out: lasciamo la stanza ma chiediamo ai gestori della guest house di tenerci da parte i bagagli mentre visiteremo i monasteri di Meteora (Meteora, al singolare, è il nome del complesso di monasteri che vengono talvota chiamati, un po' impropriamente, "le meteore").
Questi monasteri sono famosi in tutto il mondo per la posizione meravigliosa su cui sono eretti: circa 60 milioni di anni fa, su quella che attualmente è la pianura della Tessaglia, a seguito della erosione causata da acqua (ai tempi la zona era il delta di un fiume) e da terremoti si sono formate delle spettacolari falesie di arenaria alte fino a 400 metri. Sulla sommità di queste cime sono stati costruiti numerosi monasteri, in tutto ne sono stati contati 24 anche se attualmente solo 6 sono tuttora abitati, che hanno preso il nome come detto di "complesso di monasteri di Meteora" (che, derivato dal greco, vuol dire "sospeso nel cielo"). I 6 monasteri rispettano un giorno di chiusura settimanale, a rotazione, in modo che sia sempre possibile visitarne almeno cinque, salvo la domenica, giornata in cui sono aperti tutti quanti.
Partendo da Kalambaka, il primo monastero che raggiungiamo è quello di San Nicola: la ripida scala che porta al monastero è piuttosto faticosa, soprattutto con il caldo, ma è sempre meglio degli "ascensori" azionati tramite sistemi di carrucole utilizzati come unica via fino a non molto tempo fa! Come generalmente accade nei monasteri ortodossi, all'ingresso (a pagamento) viene fornita alle donne che vestono dei pantaloni una sorta di gonna da legare attorno alla vita. Nel monastero non c'è moltissimo da vedere oltre alla chiesa, piuttosto ricca di affreschi. Purtroppo all'interno di tutti i monasteri visitati è presente il divieto di fare fotografie (peraltro fatto rispettare in modo inflessibile da diverse suore e monaci a rigida guardia!) e la cosa, da appassionato di fotografia, mi scoccia parecchio (continuo a non capirne il motivo... non credo sia per rispetto, forse solo perché almeno sperano di piazzare qualche libro o cartolina... mah... potrebbero far comprare, come mi è capitato di vedere soprattutto in est Europa, un biglietto supplementare a chi è interessato a fare foto e risolverebbero il presunto problema di "minori entrate").
Al di là della chiesa e dei suoi affreschi, quello che chiaramente colpisce di più rimane il panorama meraviglioso (e per quello per fortuna non ci sono divieti di foto, e ci mancherebbe!) che ci godiamo appieno da una delle terrazze del monastero.
Tornati alla moto ci dirigiamo verso il monastero seguente, quello di Santa Barbara Roussanou, dove (oltre ad essere riusciti a rubare uno scatto
all'interno) decidiamo di fare quattro passi lungo un breve sentiero (una decina di minuti) che si inoltra in un boschetto e che porta ad un punto panoramico particolarmente spettacolare.
La tappa successiva è il monastero di Barlaam, il più bello di quelli visitati con una chiesa di dimensioni superiori alle precedenti e un piccolo ma interessante museo. Proprio nel piazzale/parcheggio di questo monastero mi cadono gli occhi su un paio di Royal Enfield e al di là del tipo di moto, non proprio delle più diffuse, è la targa che attira la mia attenzione e i miei sospetti verranno confermati più avanti quando le incroceremo di nuovo e avremo l'occasione di conoscere i proprietari: sono degli olandesi che sono volati in Nepal, hanno acquistato lì le loro moto (da qui i caratteri nepalesi della targa!) e da lì stavano tornando a casa, grandissimi!
Il monastero di Megala Meteorou, il più grande di tutti, è purtroppo quello che per la rotazione esposta prima risulta chiuso per cui ci dobbiamo limitare ad osservarlo dall'esterno mentre per i due monasteri rimasti, Santa Trinità e Santo Stefano, decidiamo noi di saltarli e di goderci maggiormente la strada, sfruttando le varie occasioni che si presentano ai nostri occhi per cogliere panorami veramente unici.
Che dire? Per essere l'ultima tappa del viaggio, peraltro neanche prevista del tutto al momento della partenza ("chissà dai, magari al ritorno potremmo riuscire a passare anche da quelle parti, vedremo"), si è rivelata essere decisamente la ciliegina da mettere sulla torta costituita da un viaggio veramente meraviglioso.
Terminiamo il giro dei monasteri, con rientro all'albergo di Kalambaka, che sono le 15 passate e subito prima di riprenderci i bagagli ci fermiamo ad un ristorante a mangiare qualcosa visto che siamo digiuni dalla colazione! Come ieri a cena, anche stavolta saranno moussaka, agnello e tzaziki a soddisfarci. Tra il pranzo, il rientro, il caricare i bagagli e il vestirci per bene da moto, con pantaloni e stivali, finiamo per partire da Kalambaka che sono quasi le cinque del pomeriggio ma non abbiamo una fretta particolare visto che i km che ci separano da Igoumenitsa, dove prenderemo il traghetto per Bari, sono meno di 200 e il traghetto partirà non prima di mezzanotte...
22 AGOSTO [460,7km - 4:23h]
Bari - Roma
Che dire delll'ultima tappa? Praticamente niente... sbarco alle 9 del mattino e 450 noiosissimi km di autostrada, tutti percorsi con la testa che vaga tra i mille ricordi del viaggio. Sembra passato un secolo dalla cena in notturna ad Edirne, dal monastero di Sumela, dall'entrata in Georgia, dallo Svaneti, dal museo del Genocidio Armeno, dal terremoto in Nagorno-Karabakh, dal palazzo mille-e-una-notte di Ishak Pasha, dal Nemrut Dagi... e invece sono passate al più 3 settimane: è incredibile come il viaggiare dilati in modo sproporzionato i tempi!
Di sicuro un viaggio che rimarrà impresso a lungo, molto a lungo, e uno dei viaggi in assoluto più ricco in termini sia di posti da visitare ma soprattutto di culture differenti, un mix incredibile di culture, tradizioni, religioni, un alternarsi continuo tra passato e presente, una sorta di alone mistico che ha ricoperto costantemente l'attraversamento di posti dai nomi evocativi (Mesopotamia, Tigri, Eufrate, l'Ararat...) in aperto contrasto con la storia recente, dal genocidio armeno, alla casa Natale di Stalin fino alle recenti e attuali tensioni Russia-Georgia. Il tutto senza dimenticare che per lunghi tratti di strada, appena 100/150km più a sud dell'asfalto sul quale viaggiavamo, erano (e sono tuttora) in corso due guerre, quella in Iraq e quella in Siria, che stanno devastando persone e patrimoni storici...
In una sola parola, un viaggio emozionante.