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Venerdì 28 Maggio 2010 Yesil (KAZ) - Miass (RUS) 686 km. La tappa di oggi Come al solito partenza molto presto – praticamente buttiamo giù dal letto la nipote che ci prepara un chai al volo. Appena metto in moto noto che la spia di allarme – dopo il check – rimane accesa oltre il dovuto, mentre la spia dell’ABS si spegne regolarmente; dovrebbe quindi essere tutto ok, ma si fa presto ad entrare in paranoia, specie quando – dopo aver smontato e rimontato i dischi freno – si è maneggiato con i sensori e la ruota fonica dell’ABS Scoprirò poi che il portalampada della luce del porta-targa faceva poco contatto! Proseguiamo verso nord lungo la M36 che si presenta ora con un buon asfalto. Siamo circondati dagli ultimi scampoli di steppa kazaka. Giungiamo in frontiera ma questa è chiusa per la pausa di pranzo. Riprende a piovere e tira molto vento ed ovviamente non c’è alcun riparo di sorta. Spendiamo gli ultimi tenghe disponibili acquistando l’assicurazione per la moto. Le carte verdi più recenti sono ora valide anche per la Russia. Finalmente si entra nella zona doganale kazaka e i controlli si preannunciano più lunghi del previsto. Come di consueto, in questi Paesi, è più facile entrarne che uscirne. Il passaporto viene controllato 1000 volte, girato e rigirato tra le mani di vari funzionari, intenti solo a farci perdere del tempo. Ma il bello deve ancora arrivare… Ci viene detto di scaricare tutti i bagagli dalla moto e recarci con le stesse in un hangar dotato di un enorme scanner a raggi X. Lasciare i bagagli incustoditi non mi piace molto, comunque … Qui troviamo un funzionario che ci fa sistemare le moto, avvia lo scanner e dopo qualche minuto – con lo sguardo sornione – ci chiama all’interno del suo ufficio. Ci illustra quindi un grosso faldone pieno di foto stampate frutto dello scanner e raffiguranti TIR ed autovetture, a suo dire, “pizzicate” a trasportare droga. Con orgoglio ci indica infatti alcune macchie scure esclamando “eroin”. Vabbè, bravo! E da noi cosa vuoi? Ruota il monitor del computer verso di noi ed indicando le nostre moto (… peraltro davvero belle ai raggi X), ci fa notare di aver individuato alcune “strane macchie scure” sotto il serbatoio. Io ho già capito dove vuole parare il kazako e – per sdrammatizzare – gli chiedo una stampa della foto. Lui si fa più serio, riguarda il monitor, scuote la testa incupito e – indicando nuovamente le macchie scure – proclama “eroin”. Azz! Io lo guardo e non dico nulla. Con la faccia di colui che ti “vuole-salvare-dal-guaio-in-cui-ci-siamo-ficcati”, prende allora i moduli nei quali abbiamo trascritto la valuta in nostro possesso, e proclama “dollar”, accompagnando il tutto con un eloquente gesto della mano. Lo ri-guardo e non dico nulla. Il kazako allora insiste, alza gli occhi, allarga le braccia, trattiene il sospiro e mi dice “Italia mafia”. Come per dire … ci siamo capiti… Cosa???? Italia mafia a me? Tu vuoi i soldi da me, e mi dai del mafioso?????? In un nano-secondo realizzo che è meglio passare subito all’attacco, gli rispondo allora seccato “Niet mafia” e prendo il mio cellulare mimando l’intenzione (anche senza troppa enfasi) di fare una telefonata. L’azione deve essere stata così convincente, al pari del mio sguardo, che ci restituisce – con disappunto – tutti i documenti. Fanculo! Riprendiamo i nostri bagagli (… sperando che nel frattempo non ci abbiano messo dentro un po’ di “eroin”, eh, eh ) ed è la volta del timbro di uscita da mettere sul passaporto. Ennesimo controllo del documento, trascrizione sul computer, etc.. Il temuto visto della registrazione non ci viene richiesto; inutili sono state dunque tutte quelle preoccupazioni e perdite di tempo. A maggior ragione non capisco perché la carta venga consegnata in ingresso . Nel dubbio, consiglio comunque di conservare sempre le ricevute relative agli (eventuali) pernottamenti in alberghi/motel. Nel frattempo, complice il vento, la moto – precariamente appoggiata sul cavalletto laterale (sul centrale non riesco ad issarla più, causa perdita di efficacia dell’ammo posteriore) – cade sul fianco con un fragore immenso. Pochi danni se non per lo specchietto laterale (che comunque tradotto in “bmwese” vuol dire tanti soldini). Il vento spira così forte che, una volta rialzata la moto, mentre io continuo a perdere tempo con “l’uomo dei passaporti”, Paolo deve sorreggerla (… sotto la pioggia). Finalmente usciamo dal Kazakistan e ci fondiamo verso la zona doganale russa di Troitsk che troviamo chiusa. Per non intasare la dogana, le macchine vengono infatti filtrate in ingresso e in uscita. Nell’attesa, facciamo conoscenza di un gruppo di kirghisi forse in attesa dei visti di ingresso, sono stipati all’inverosimile nei loro minivan e chissà da quanto tempo sono li. Sono sorpresi nel vederci e si meravigliano che non abbiamo visitato il loro Paese. Sarà per la prossima volta! Il cancello si apre ed entriamo in dogana. I controlli sono meticolosi ma eseguiti in modo molto professionale. Una giovane funzionaria ci aiuta a compilare l’ennesimo modulo. Nel giro di mezz’ora siamo fuori! Molto bene. Riprendiamo la M36 verso nord ed una volta superata Chelyabisnsk puntiamo finalmente a ovest verso casa lungo la M5. Ci fermiamo poco prima di Miass in un motel lungo la statale, di quelli ad ore, dove si paga poco ma alla fine ci sono tanti extra (coordinate N54 55.067 E60 19.981, prezzo 890 RUB comprensivo di doccia calda, mica tanto, e moto custodita all’aperto). Ceniamo nell’attiguo self-service e notiamo che gli orologi sulle pareti mostrano orari diversi. Qualcuno è sintonizzato sull’ora locale, altri su Mosca Sabato 29 Maggio 2010 Miass (RUS) - Chvalynsk (RUS) 1023 km. La tappa di oggi La mattina presto è molto umido e la giornata si preannuncia piovosa. Durante la notte, nel parcheggio antistante il motel, c’è stato un via vai impressionante di TIR quindi ho dormito poco e male. Fa abbastanza freddo, e la strada continua a salire. La benzina non è ai prezzi stracciati visti in Turkmenistan ma non ci si può lamentare (costo al litro 22 RUB = 0.6 €) Sino alle 09.00 manteniamo un’andatura “vivace”, è infatti poco probabile di trovare una delle tantissime pattuglie della polizia. Superiamo uno dei pulmini dei kirgisi incontrati in frontiera e questi ci salutano sbracciandosi fuori dal finestrino; è evidente che hanno viaggiato tutta la notte senza fermarsi un attimo. La temperatura sale leggermente e si fa più piacevole viaggiare. Veniamo fermati da una pattuglia della polizia che ci contesta di aver compiuto un sorpasso lungo un tratto dove vige il divieto. Bah! Sarà vero, ma la segnaletica orizzontale è inesistente e i cartelli indicano il divieto, ma mai il termine dello stesso. Da subito mi accorgo che questi fanno sul serio; prima di noi hanno fermato un tizio che è stato appena multato ed un altro trema letteralmente dalla paura. Ce la siamo scampata in Turchia e in Kazakistan, ma qui mi sa che ci lasciamo le penne… Stiamo comunque al gioco ed inizia la tarantella. Si inizia a parlare di Mouriho e della sua Inter, dell’immancabile Toto Cotugno (ah! se non ci fosse lui…) poi il tizio si fa serio e sentenzia “Sfrat” e io senza dargli il tempo di continuare “Niet sfrat”, accompagnato da un largo sorriso. Il tira e molla va un po’ per le lunghe, e ben presto si capisce subito dove voglia andare a parare … “Present Italia” mi dice, vuole un “regalino” insomma. Io non ci penso su due secondi e da sotto la rete elastica che avvolge la sacca a rotolo, sfilo il regalo datoci da Paul (il proprietario d’albergo ad Astana), cioè una orribile riproduzione in stoffa di una jurta kazaka che sino ad allora non avevo avuto il coraggio di buttare nella steppa. Gli porgo il pacchetto dicendogli “Present Kazakistan”. Mi guarda sbalordito, magari si aspettava una bottiglia di Barolo o di grappa e invece gli tocca la jurta… Difficilmente scorderò il suo sguardo, misto tra il disgusto e lo sconforto … ci fa un sorriso e ci riconsegna i documenti. Long Way Stan – Polizia = 3 – 0 Bene! Riprendiamo la M5, direzione Mosca. Aggiriamo la grande Samara, passiamo nei pressi di Togliatti ed incrociamo molti TIR carichi di “fiammanti Lada”, modello tipo la nostra Fiat 124. Non siamo certi circa l’ora locale, sappiamo che da qualche parte si dovrebbe passare dal +4 al +3, non che la cosa sia fondamentale ma gli orologi visti sino ad ora lungo la statale riportano spesso orari diversi; molti di questi sono infatti regolati sull’ora di Mosca. Puntiamo ora verso sud-ovest lungo la statale P228 che conduce a Saratov. La strada non offre nulla di particolare se non il fatto che costeggia il più lungo fiume europeo; il Volga. Troviamo un grazioso motel lungo la statale (coordinate N52 31.477 E48 01.332, prezzo 500 RUB, moto all’aperto e colazione non compresa) e la temperatura è nel frattempo scesa di parecchi gradi centigradi. I rubli iniziano a scarseggiare e non c’è modo di cambiarli al mercato nero. Riprendo quindi la moto alla ricerca di un bancomat VISA che trovo nel vicino abitato di Chvalynsk e scopro che la cittadina si affaccia sul lago di Saratov che poi scoprirò essere un bacino artificiale formato dalle acque del fiume Volga. Noto purtroppo che la mia macchina fotografica ha esalato il suo ultimo respiro. Oltre ad aver esaurito lo schermo LCD, da oggi le foto sono tutte dannatamente sovraesposte, quindi inutile a continuare a scattare foto. Scarico la traccia dal GPS; oggi oltre 1000 km.. Non male, di questo passo usciremo dalla Russia entro i tempi previsti. Forse anche prima. |