Giorno 11, domenica 13 ottobre, da Dalbandin a Quetta, km 351 (ieri)
La scorta tarda ad arrivare.
Nell’attesa, preparo la moto nel parcheggio nell’albergo
E la tengo pronta davanti al cancello di ingresso, chiuso per sicurezza.
Ecco i due poliziotti che hanno sorvegliato su di noi durante permanenza in albergo
e l’albergo (visto dalla strada).
Nella reception, da oggi, fa bella mostra la cartolina del mio viaggio (in alto a destra).
Alle 10.30 arriva la scorta e si parte: ci sono già oltre 33 gradi.
Mi faccio largo tra veicoli di ogni tipo
e raggiungo la strada, dove noto che sono arrivati gli altri membri del piccolo convoglio che stiamo formando: una coppia di motociclisti belgi (fiamminghi), Kevin e Katty, su una Transalp 650 del 2000, bella carica. A loro è andato peggio di me ieri, perché non sono riusciti ad arrivare in tempo qui a Dalbandin, dove c’è l’unico albergo della zona, e hanno dormito in una stazione di polizia più a ovest, arrangiandosi con i loro sacchi a pelo.
Compilano i moduli per la scorta
e partiamo.
Il traffico nel caotico.
Ancora deserto, come ieri. Davanti il Toyota dei militari di scorta (generalmente due, con i mitra, ma cambiano persone e veicoli ogni qualche decina di km, in varie postazioni militari), dove prende posto Yahya il turista turco), seguiamo i due belgi col Transalp e io.
Il deserto a volte sembra mangiarsi la strada, che si riduce ad una sottile striscia di asfalto, e a volte nemmeno quella perché non resta spazio libero dalla sabbia dove mettere le ruote della moto, tant’è che in un punto sono un po’ in difficoltà, ma riesco a tenere la moto in piedi senza fermarmi (ovviamente di quel punto non ho foto, ero troppo impegnato a guidare).
Ogni tanto incrociamo grandi camion multicolori e con una decorazione sovrabbondante.
Qualche edificio e poveri villaggi ogni tanto.
Tratti di sterrato pietroso, ma la Gold Wing se la cava bene.
Due militari di scorta, ad uno dei tanti cambi.
Dopo un paio d’ore, al convoglio si aggiunge un bus.
Cominciano le montagne, temperatura 36° e il bus rallenta molto in salita.
Te nel deserto, in una stazione di polizia.
Mi rendo conto che siamo molto in ritardo e rischiamo di arrivare dopo il tramonto, nonostante siamo appena 350 km. Il problema è il bus che ci rallenta molto, oltre ad emettere miasmi maleodoranti e sollevare un sacco di polvere negli sterrati.
Il sole si abbassa e la temperatura rinfresca, scendendo a 25.
E infine il sole tramonta, nel deserto.
Proseguiamo, nel crepuscolo, nel deserto tra le montagne ma temo che, da un momento all’altro, per motivi di sicurezza la scorta decida di fermarsi e farci dormire in una stazione di polizia.
E infatti ci fermiamo e ci dicono che dormiremo qui.
Chiedo di continuare: mancano “solo” 80 km a Quetta, dove potremo trovare un comodo albergo e iniziare subito le pratiche per la successiva scorta che ci dovrà portare fuori dal Belucistan.
Improvvisamente, il contrordine, non so se per le mie insistenze o altro; ci dicono che si prosegue… dopola preghiera. La preghiera? L’ultima luce se ne sta andando (sono le 18.30, il sole tramontato alle 18.07) e questi pregano?
Va bene, pazienza, aspettiamo. Dopo 10 minuti, finita la preghiera, si riparte, con il bus davanti, che fa luce e si vede. Io seguo il bus. Poi il Transalp e la scorta chiude.
Nel buio, nel deserto, super le montagne a 1800 metri.
Arriviamo al valico (con una piccola galleria) da dove si scende verso Quetta: c’è un gran caos di veicoli, molti Tir, al posto di blocco.
Ultimo cambio di scorta armata e via verso Quetta.
Noi abbiamo dato il nome dell’albergo dove vogliamo fermarci, ma, con tutti i cambi di scorta, forse questi ultimi non lo sanno oppure chissà. Fatto sta che, arrivati a Quetta (traffico caotico e strade dissestate; è un città di oltre mezzo milione di abitanti), noto che la scorta fa un ggro strano, non dirigendo verso l’albergo. Penso prima che forse vuole arrivarci da una strada più tranquilla e sicura, evitando il centro, ma poi vedo che ci allontaniamo Faccio dei gesti alla scorta, indicando di girare a destra (io ho il punto gps dell’albergo), ma non mi rispondono e continuano.
Alla fine ci lasciano nella zona opposta della città, danti ad unagrande stazione di polizia e il bus e la scorta… se ne va.
Avviso subito i compagni di viaggio chenon siamo dove dovremmo essere e, dopo aver parlato con i militari di guardi nella stazione di polizia, decido di arrivare all’albergo da solo.
Il turco prende un tuk tuk, il Transalp mi segue e io faccio strada col gps.
E così, dopo tante scorte nel deserto, mi tocca affrontare quella che è considerata, dagli stessi pakistani, una delle città più pericolose in questo momento, senza scorta e nel buio quasi assoluto (illuminazione pubblica quasi zero).
IL traffico è caotico, non ci sono regole, agli incroci è un terno al lotto e passo il più forte o… chi rischia di più.
Arrivo comunque all’albergo e metto la moto al sicuro. Sono le 22: ben 10 ore e mezzo per fare 351 km!
Confortevole, prezzi pakistani (anche se più del precedente, ma siamo su un altro livello) e wi-fi a disposizione pagando una piccola somma.
Ceniamo ovviamente il albergo e quindi a dormire. Una giornata infernale, ma per fortuna finita bene.