Giorno 23, venerdì 25 ottobre, da Katmandu a Bangkok (Thailandia, ora +5), km 0 (con la moto)Parto con oltre un'ora di ritardo dall'aeroporto di Katmandu, ma il volo mi regala, subito dopo la partenza, un ultimo, meraviglioso, panorama sull'Himalaya. E questa volta l'Himalaya la guardo proprio negli occhi, dalla sua stessa altezza.
In una di queste foto si dovrebbe vedere proprio l'Everest (ma adesso, vista l'ora, non ho il tempo di controlla: chi lo riconosce da altre immagini su internet, mi farebbe piacere se segnalasse la foto esatta
).
Arrivo all'aeroporto di Bangkok che sono quasi le 18 e mi fiondo subito alla ricerca della moto.
Il primo problema non è trovare la moto, ma capire in quale zona di questo enorme aeroporto è il deposito delle merci,
spedite con aerei cargo (ricordo, infatti, che la moto ha viaggiato con un aereo diverso dal mio, destinato solo al trasporto merci).
Anche se è un aeroporto moderno, mi sembrano un po' disorganizzati, e solo dopo qualche tentativo trovo qualcuno che mi dice dove devo andare: me lo faccio scrivere, anche in tahilandese, perché ho notato che qui pochi parlano inglese (il thailandese usa caratteri proprio, assolutamente indecifrabili per me).
Devo prendere un taxi, perché, anche se vicino, si tratta comunque di qualche km, e inoltre sono spesso superstrade e svincoli, sconsigliabile farli a piedi di notte.
Primo taxi, mi porta in un posto, lo pago, entro negli uffici. "sì, questa è la dogana (custom), ma non è quella giusta, per la sua moto deve andare da un'altra parte"
Io, già un po' alterato per il tempo che sto perdendo e il taxi pagato a vuote (comunque poca roca, 150 bath, cioè meno di 4 euro): "Allora me lo scriva lei dove cavolo devo andare, visto che l'ufficio informazioni dell'aeroporto non mi ha dato l'indirizzo giusto; e mi chiami un altro taxi".
Secondo taxi, fa un sacco di giri nella zona aeroportuale, e infine mi porta ad altri uffici; stavolta mi rifiuto di pagare se non sono sicuro che l'indirizzo è corretto, e dico al tassista di seguirmi, a piedi, in quegli uffici, perché lo pagherò solo lì, quando sarò sicuro.
Bene, gli uffici sono questo; pago il taxi, e mi faccio compilare un misterioso modulo, scritto solo in thailandese; per fortuna l'impiegata capisce subito e melo compila lei. Pago una piccola tassa (1 euro) e una persona (impiagato, agente?), mi accompagna con la sua auto in ltri uffici, che sembrano il deposito della merce. Altri km nell'enorme area aeroportuale,
(scusate la qualità della foto, ma l'ho fatta di corsa)
Finalmente arriviamo agli uffici, mostriamo il mio carnet, e troviamo i documenti della moto, arrivati da Katmandu; bene, se ci sono i documenti allora c'è anche la moto!
Torniamo indietro al precedente ufficio, e mostriamo il carnet, e io chiedo di avere la moto.
E qui cominciano i problemi!
L'impiegato mi dice (o almeno ci prova, inglese pessimo, e pochissimi che lo parlano (e stiamo in un grande aeroporto internazionale!), che l'ufficio è chiuso vista l'ora, ormai le 19.30, e resterà chiuso sabato e domenica, quindi di tornare lunedì.
Ma siete scemi!!!!
Io non torno lunedì! lunedì sarò già al confine con la Malaysia!!!!
Lui insiste.
Io pure. Mostro la cartolina del mio viaggio, gli dico che non ho tempo da perdere e non sono arrivato qui per starmene 3 giorni a Bangkok e per di più senza moto!
Lui allora dice che il modo ci sarebbe: guarda il valore della moto indicato sul carnet (4.000 euro) e dice che potrei prendere la moto se pago 5.000 euro.
Cosa?! Ma poi me li ridate (immagino sia una garanzia)? Risponde di no.
Lo mando a quel paese.
Lui ripete che devo aspettare lunedì, e io insisto che non se ne parla nemmeno. Allora pretendo di parlare col capo, e, di fronte alle sue esitazioni, gli facico capire che per liberarsi di me mi deve portar via di peso, perché io di qui non me ne vado senza la mia moto!
Andiamo in un altro ufficio, enorme, con pochi impiegato che lavorano... o forse no.
Ripeto tutta la trafila e mi dicono la stessa cosa.
Allora comincia a sparare le cartucce più grosse. Spiego il viaggio che sto facendo (restano molto impressionati dall'itinerario che mostro loro), dico che ho girato per 80 Stati in moto, e in NESSUNO, qualcuno mi ha tenuto fermo in dogana 3 giorni perché non c'era nessuno che mi timbrasse il Carnet!
Dico che questo è un grande aeroporto, di una grande città, di un grande paese: è assurdo che non ci sia nessun, per 3 giorni, che non possa mettere un maledetto timbro!
Aggiungo che, se loro non mi ridanno subito la moto, o al massimo domattina, rischia di saltare il mio viaggio, e allora cosa dirò al mio rientro in Italia, che la Thailandia è un cattivo paese, abitato da cattive persone, che mi hanno tenuto bloccato per 3 giorni, mentre una cosa del genere non è mai avvenuto nel resto del mondo?!!!
Vedo che fanno alcune telefonate, ma la situazione non si blocca; mi fanno anche parlare al telefono con quello che credo sia il capo, che mi ripete ancora di tornare lunedì: "NON SE NE PARLA PROPRIO!", gli rispondo deciso.
Altre telefonate, altre persone che parlano tra loro nell'ufficio.
Io intanto mi siedo, braccia conserte, sguardo deciso, e dico che io aspetto, tanto lunedì non trono di certo e rivoglio la mia moto.
Alla fine, dopo l'ennesima telefonata, mi dicono che posso tornare domattina alle 10, compilerò una dichiarazione (sembra che qui in Thailandia non basti il normale carnet), forse ci sarà da pagare una somma a garanzia (che però mi verrà restituita all'uscita dal paese) e riavrò la mia moto in poche ore.
Non fidandomi, mi faccio scrivere l'indirizzo esatto dell'ufficio, il nome del funzionario che dovrà seguire la mia pratica, il suo numero di cellulare e mostrare la sua scrivania. E fotografo anche l'ufficio: notate la chiarezza delle scritte!
Non ho problemi a tornare qui domattina, tanto ormai sono quasi le 22, quindi mi faccio chiamare un taxi che mi porta all'albergo più vicino (950 bath, 23 euro): domattina alle 10 (anche prima) sarò di nuovo in quell'ufficio, e la moto la devo sputare fuori.
Caldo afoso, ma temevo peggio (comunque non piove). Ma forse è perché è sera: temo che di giorno sia molto peggio.